Donatella Martini

Vorrei regalare
sorrisi e speranze
Sono 15 anni ormai che vivo Casa do Menor. Ho iniziato come volontaria e oggi sono il Direttore Esecutivo e collaboro con il Consiglio Direttivo alla gestione generale dei vari settori operativi e amministrativi dell’associazione italiana. Mi occupo inoltre di essere “ponte” e tramite tra i nostri collaboratori brasiliani e sostenitori europei. Tutto è iniziato nel 2004, con un viaggio fortuito in Brasile, esattamente nella Baixada Fluminense, periferia di Rio de Janeiro, dove ho conosciuto la Casa do Menor Sao Miguel Arcanjo. Mi ha colpito immediatamente il calore dell’accoglienza trasmesso da questo popolo e la concretezza dell’aiuto che questa associazione offriva a molti bambini, adolescenti e giovani. Non si trattava di assistenzialismo, ma di dare ad ognuno di loro l’opportunità di costruire il proprio futuro. Al rientro da quella che credevo una vacanza alternativa, sono venuta a conoscere Adriano Chiera, una persona molto molto speciale che insieme a padre Renato aveva fondato la Casa do Menor Italia e che all’epoca ne era il referente e responsabile. Ricordo che l’intento di allora era dare un piccolo contributo economico per sostenere le attività di accoglienza che avevo appena conosciuto. Non sapevo nulla di onlus, lavori sociali, terzo settore e nella mia infinita superficialità pensavo di alleggerirmi la coscienza con un assegno.
Ma la vita aveva altro in serbo per me… Dopo un anno sabbatico preso per meditare su cosa fare “da grande”, con tanta paura e altrettanto coraggio ho deciso di lasciare l’azienda di famiglia che fino a pochi mesi prima rappresentava la via certa e sicura che mai avrei pensato di cambiare. Il mondo del sociale, questo grande sconosciuto, e la Casa do Menor nello specifico mi hanno poi insegnato che non si trattava tanto di dare cose, ma di donare il nostro tempo e noi stessi agli altri. Ora trascorro la mia vita viaggiando tra Italia e Brasile. La pandemia ha bloccato questi miei spostamenti e mi ha fatto capire che queste due culture, che ho la fortuna di vivere, mi aiutano a trovare un equilibrio tra la frenesia dell’Europa in cui le relazioni spesso vengono dopo gli interessi personali e la cultura brasiliana, simile al nostro meraviglioso sud, che, per ora, pone ancora come priorità il rapporto umano, l’accoglienza, l’ospitalità. Non è facile aiutare i poveri, spesso ti chiedi se ne vale la pena fare sacrifici e rinunce. Quante volte si sente dire: “…ma come lo stavano aiutando e guarda come li ringrazia!” ed è vero, è proprio così. La riconoscenza non è scontata, anzi. Quando succede provo a mettermi nei loro panni, è difficile anche solo immaginare cosa vivono molti di loro rifiutati dalla propria famiglia, dalla società, da tutti. Credo che anche io sarei molto arrabbiata e diffidente con un mondo da cui mi sento presa in giro e spesso sfruttata, fatto di leggi che alimentano l’odio e il razzismo perché si conta sulla mala informazione dei più.
Sono nate tante discussioni in passato con amici e conoscenti su argomenti purtroppo sempre più ricorrenti e scottanti come l’immigrazione, l’accoglienza, la tolleranza o la discriminazione, ma ho capito che cercare di convincere gli altri a pensarla come me non funziona e non è giusto. Quando accettano però li porto con me a conoscere di persona queste realtà così che possano avere un proprio pensiero, una propria opinione non condizionata dai giudizi altrui. Ci sono periodi in cui ancora mi chiedo: “Ma cosa ho fatto?!?!?”, ma l’appagamento che mi dà il sorriso di un bambino o di un ragazzo di strada o di una donna di colore a cui sono riuscita a trovare lavoro… non ha prezzo. Ho capito che per essere felice, devo rendere felici gli altri.

www.casadomenor.org

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